Avrebbero dovuto intitolarlo così, l’ultimo film con la Roberts.
Per inciso, non l’ho visto. Credo che il solo titolo mi mandi il sangue al cervello e la mano sulla balestra – sarebbe bello averne una.
Sono due giorni di orrore.
Qui lo scriverò nel dettaglio. Perchè? Perchè sono una pagina senza un volto, sono solo un flusso continuo di parole senza nome.
Cominciare al mattino con il classico yogurt bianco della brava ragazza. Piluccarlo piano piano mentre il caffè è nella moka.
Ma perchè limitarsi a questo?
Il ritmo del cucchiaino aumenta, e in men che non si dica hai già versato del latte in un bicchiere. Ci stai immergendo dei biscotti.
Ma perchè limitarsi a questo?
Hai già aperto il barattolo della marmellata mentre il caffè è finalmente pronto. Lo metti in una tazza e lo sorseggi mentre con l’altra mano spalmi la marmellata sui biscotti che andrai ad immergere nel bicchiere di latte.
Ma perchè limitarsi a questo?
Ti alzi e vai a prendere le fette biscottate. Un pacco intero. Ti accorgi a metà dell’opera di aver finito il barattolo della marmellata, così torni ad alzarti per appropriarti del miele.
Bevi il latte, bevi il caffè. Pulisci il ripiano e sembri cadere dalle nuvole improvvisamente.
Sbatti il cervello sul pavimento e torni bruscamente alla realtà. È un attimo.
È quella sottile linea che ti separa dal sentire nuovamente il tuo corpo. Senti il ventre gonfio, ora. Senti che tutto quello che hai ingurgitato preme per uscire. Perchè non puoi tenertelo dentro. Non è roba per te.
Corri al bagno del piano di sotto e prendi lo spazzolino.
Passi due ore a vomitare la colazione e le lacrime, a intonare mentalmente un ritornello fatto di “stupida, stupida”.
Cerchi di tenere impegnato il resto della mattinata svolgendo commissioni inutili. Torni a casa.
Cominci a preparare il pranzo per la famiglia che di lì ad un’ora varcherà la soglia di casa. Fai trovare dei piatti vuoti di roba che invece hai buttato nel water.
Pensi tra te e te che non puoi mangiare ancora, davvero. Poi invece cominci ad aprire le pentole, ad osservare cosa contengono e a decidere che vale la pena di metter qualcosa sotto i denti.
La minestra la mangi davvero. Le lenticchie, il cavolo, la carota, il pane e il formaggio. Lo hai mangiato davvero.
La famiglia arriva e consuma il suo pranzo, ti chiede cos’hai mangiato e dopo tanto tempo puoi finalmente dire la verità. Hai mangiato davvero. Non sono solo piatti vuoti.
Quello che non sanno è che non usi mai nè piatti nè posate.
Arrivano le due e mezza e la casa torna nuovamente vuota e silenziosa.
Appena senti la macchina allontanarsi corri di nuovo al piano di sotto. È rimasta della pasta in bianco. Mangia. Sono rimaste delle lenticchie. Mangia.
Apri il frigo. Due paninetti. Ricotta. Verdurine sott’aceto. Due sottilette. Uno yogurt bianco con cereali dentro. Bevi un po’ d’acqua, mica vorrai soffocarti?
Corri al bagno del piano di sotto, ma la gola è gonfia per via di tutti gli episodi precedenti.
Esce poco, infine ti arrendi.
Ti lavi i denti e cerchi per tutta la casa la tua dignità.
Decidi di tornare al computer e fermarti un attimo a riflettere.
Metti tutto per iscritto così puoi vergognartene.
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Ci sono delle volte in cui le ragazzine mi scrivono per chiedermi “Come faccio a diventare Ana?” o “Come faccio a diventare Mia?”.
Il motivo per il quale non rispondo mai – oltre all’inesattezza della frase a livello puramente concettuale – è che queste domande sono più stupide di chi le pone.
La gente guarda solo al risultato, all’esteriorità. Nessuno indaga mai sull’intero mondo che esiste dietro una diminuzione del peso, o comunque alla magrezza.
Il primo sentimento è l’invidia, è l'”anch’io voglio”.
La gente è disposta a fare carte false per dimagrire. È disposta a mandare a puttane la salute – fisica e mentale – pur di dimagrire.
Mi domando perchè. E ancora non sono riuscita a darmi una valida risposta.